La pizzica pizzica è una danza popolare appartenente alla famiglia delle tarantelle.
Tra le varie tipologie di tarantelle, estese e diffuse nell’intera area meridionale della penisola italiana, la pizzica pizzica viene collocata per appartenenza geografica al territorio pugliese e nello specifico alle zone che si estendono dalle serre salentine alla murgia, fino alla zona ionica della Basilicata.
La prima testimonianza dell’utilizzo del termine “pizzica pizzica” per indicare la danza compare solo nel 1797.
Pizzica pizzica è un’espressione di tipo arcaico che rientra nell’usanza contadina di ripetere le parole due volte per lasciarle scolpite nella memoria in modo semplice e veloce e che si lega non solo alla funzione tipica del canto popolare ma anche al lessico utilizzato quotidianamente dalla popolazione appartenente ai ceti più umili.
La pizzica pizzica era un ballo ludico di coppia particolarmente gradito nei momenti di aggregazione, a volte dopo il lavoro e spesso durante le feste o eventi particolari come matrimoni, battesimi, ecc.., occasioni in cui la gente si riuniva – spesso per strada, nelle coorti o nelle case – e con pochi strumenti musicali si abbandonava all’esecuzione di un esteso repertorio musicale popolare, dando libero sfogo alle frustrazioni accumulate per le fatiche del lavoro.
La pizzica pizzica era tradizionalmente eseguita tra uomini e donne, tra sole donne e, nella maggior parte dei casi, tra soli uomini. Questo poiché le donne erano restie a lanciarsi nella danza, dato il forte retaggio culturale contadino che prevedeva un’organizzazione della famiglia di tipo patriarcale.
Quando la danza era eseguita da un uomo e da una donna, nella maggior parte dei casi si trattava di parenti, persone con un elevato grado di confidenza o comunque socialmente autorizzati dalla comunità.
Il forte retaggio culturale, e soprattutto la differenza di ruolo tra uomo e donna, era perfettamente visibile anche durante l’esecuzione della danza, in cui l’atteggiamento della donna era particolarmente pudico, sommesso, compito, con le braccia mai elevate oltre le spalle, e le mani impegnate a sollevare leggermente la gonna e il grembiule per evitare di inciampare; il movimento dei piedi era martellante come il suono scandito sul tamburello, ma mai azzardato o particolarmente istrionico. L’uomo, al contrario, poteva utilizzare la danza come occasione per dare sfoggio della propria bravura attraverso l’esecuzione di passi complessi, incrociati e con i piedi martellanti al suolo, spesso con le braccia levate al cielo in atteggiamento dominante rispetto alla donna.
Anticamente la danza era condotta da un mesciu di balli, che all’interno della ronda, invitava i ballerini a danzare e, in modo alternato, danzava con ognuno di loro scandendone il tempo coreutico.
La pizzica pizzica si eseguiva sostanzialmente in modo circolare e prevedendo l’alternarsi delle posizioni dei ballerini che non dovevano mai toccarsi tra loro durante la danza: definizione iniziale ed ideale di un cerchio all’interno del quale eseguire la danza (la cosiddetta ronda) e in seguito esecuzione di passi in modo frontale e simmetrico o laterale e simmetrico oppure asimmetrico.
Uno degli aspetti fondamentali e sicuramente più affascinanti della danza era l’attenzione reciproca dei ballerini, l’uno per le posizioni e i passi dell’altro.
In ultimo, un breve appunto sull’uso del fazzoletto nella pizzica: tale oggetto, generalmente di colore rosso, che oggi viene spesso visto sventolare durante l’esecuzione della danza, è un retaggio modernissimo, introdotto sulla scia del revival che ha visto la “riscoperta” delle tradizioni musicali pugliesi. Molti attribuiscono ad esso un forte simbolismo.
Questa particolare sfaccettatura non trova riscontro nelle ricerche effettuate sulla tradizionale danza pugliese.
Il fazzoletto era infatti un accessorio che la donna portava sempre con sé (ad esempio tra le maniche della camicia o in testa) e che talvolta utilizzava per accompagnarsi nella danza, tanto che, la presenza o meno dello stesso (che poteva essere un fazzoletto, un grembiulino o uno scialle) non modificava i passi o i movimenti della donna durante l’esecuzione della danza.
Alcune testimonianze antiche, infine, parlano del fazzoletto come mezzo utilizzato per invitare alla danza che veniva scambiato tra i partner per facilitare l’alternasi dei ballerini.
Bibliografia
- Il ritorno della taranta, Vincenzo Santoro, Storia della rinascita della musica popolare salentina, con Cd audio, p. 248, Edizioni Squilibri 2009
- Sorelle Gaballo, canti polivocali del Salento, a cura di Dario Muci, Edizioni Kurumuny, Calimera, 2008
- I Gesuiti e le Tarantole, Daniela Rota, Libreria Musicale Italiana, Lucca, 2012
- La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud, Ernesto De Martino, Il Saggiatore, Milano, 2009
- Tradizioni e canti popolari a Taranto e nei paesi di area tarantina, Alfredo Majorano, Lacaita Editore, Manduria, 1989
- Musiche tradizionali del Salento, a cura di Maurizio Agamennone, Squilibri editore, Roma, 2005
- Le cicale, canti salentini di tradizione orale, a cura di Luigi lezzi, Edizioni Kurumuny, Calimera, 2007
- Il tarantismo in terra d’Otranto, Luigi Giuseppe de Simone, Edizioni del grifo, Lecce, 2010
- Sud e Magia, Ernesto de Martino, Feltrinelli, Milano, 2013
- Osservazioni sul tarantismo di Puglia, a cura di Sergio Torsello, Edizioni Kurumuny, Calimera, 2012
- La pizzica nascosta, L’organetto nella musica e nei canti tradizionali di villa castelli, a cura di Mario Salvi e Giandomenico Caramia, edizioni Kurumuny, Calimera, 2010
- Il Folklore d’Italia – La Puglia – numero monografico a cura di G.M. Gala, rivista scientifica n.2 – Le regioni d’Italia, 2007
Sitografia